martedì 9 ottobre 2012

Cosa ci indigna...

                                                    Cosa ci indigna



L’indignazione è risentimento, sdegno, vera “incazzatura”, nei confronti di quello che non è come dovrebbe essere. La capacità di indignarsi oggi sembra affievolita, non ci si scandalizza per nulla e ci si lascia scivolare addosso gli eventi del mondo, all’insegna di una passività che viene meno solo se si è disturbati direttamente.
Questo atteggiamento diventa pericoloso quando riguarda il mondo giovanile perché quelli che dovrebbero cambiare il mondo, arrabbiarsi, meravigliarsi, scandalizzarsi e avere il coraggio e la forza di urlare le proprie opinioni non lo fanno.
Ma noi giovani ci arrabbiamo? Ci indigniamo? Ogni giorno notiamo le storture della società e della città in cui viviamo, ma ci pare forse di non avere il diritto di lamentarci o di creare scompiglio, perché il sentimento prevalente è quello dell’impotenza.
Sono andata per le strade e le università di Brescia, ponendo ai miei coetanei una semplice domanda “cosa ti indigna della tua città?”, queste le risposte:
Simona si indigna tutte le mattine, quando alle sette percorrendo il centro cittadino è costretta ad assistere ad un concerto di clacson e all’impazienza e rabbia gratuita degli automobilisti.
Silvia si lamenta del disinteresse delle istituzioni per i cittadini,  a lei si uniscono Matteo, Marta, e Luca, che dichiarano di non poter vivere la propria città per la poca sicurezza che caratterizza alcune zone, come la stazione soprattutto di sera, via San Faustino e via Milano, a punto tale che Roberta quando la attraversa in auto chiude le portiere dall’interno.
Antonio, che viene dal sud,  si lamenta della scarsa vitalità dei giovani bresciani, che sembrano non reagire positivamente alle iniziative e agli stimoli che vengono proposti, e non sono in grado di creare iniziative  e proposte interessanti per loro stessi. Ilaria è indignata dalla scarsa vitalità del centro cittadino, che, unica eccezione Piazzale Arnaldo, la sera è praticamente deserto.
Mirko è indignato dalle scritte “stupide e incomprensibili” sui muri, quelle fatte a bomboletta spray, che nella maggior parte dei casi sono parolacce se non addirittura bestemmie. Laura e Francesca sono nate dalla scarsità di parcheggi  in città e dai prezzi altissimi dei parchimetri, che per una studentessa costretta ad andare in università in auto, sono veramente improponibili. Roberta è indignata dai costi dell’istruzione, a partire dalle rette scolastiche fino ai costi delle lezioni di ripetizione. Poi c’è chi è indignato dalla bruttezza delle aule universitarie, che si tratti della sede in via Aleardi della Cattolica o della ”aula bunker” di ingegneria poco importa. Studiare dovrebbe innalzare lo spirito, ma se si studia in luoghi malcurati è ben difficile che questo avvenga. Altri si indignano per l’anzianità di certi professori, che saranno sicuramente molto preparati, ma faticano a portare a termine una lezione di un’ora e mezza. Chiara è indignata dai “finti provvedimenti” contro l’inquinamento, e vorrebbe delle norme più rigide e più serie per combattere le polveri sottili. Marta invece mi parla della raccolta differenziata “porta a porta” che, nel suo paese ha portato solo all’abbandono dei rifiuti nei campi ed è indignata dalla maleducazione e dall’incoscienza di certe persone. Jessica è indignata dai negozi di accessori per animali, un collare firmato del costo di più di mille euro le pare un insulto a chi fatica ad arrivare alla fine del mese. Altri si indignano davanti a Facebook e ai numerosi post che dimostrano che i ragazzi italiani avrebbero bisogno di ripassare la grammatica italiana, partendo dal verbo essere e  dall’uso del congiuntivo. Infine Noemi, che è indignata dalla trascuratezza delle poche aree verdi della città, piene di mozziconi di sigarette, escrementi animali e rifiuti di ogni genere.
Ecco dunque, i ragazzi che si muovono per la città hanno qualcosa da dire, qualcosa di cui lamentarsi, qualcosa che vorrebbero cambiare. Ma il vero problema è che non si sa come farsi ascoltare, a chi rivolgersi. I ragazzi si sentono poco importanti, poco valutati e quindi poco ascoltati. Spesso i discorsi che li riguardano sono in senso dispregiativo “non ci sono più i ragazzi di una volta”, “io alla tua età….” ,“oggi studiano tutti perché non hanno voglia di lavorare” ,“i ragazzi sono immaturi” ecc… I giovani vengono trattati da deficienti, ma ci si aspetta da loro grandi cose. Probabilmente quello che manca è il passo successivo rispetto all’indignazione, cioè l’azione, l’iniziare qui e ora e da me. 

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